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CS-PR Das Aestetiche Feld inner room 15.07.2024

Con il Patrocinio del Comune di Siena, Assessorato alla Cultura
e del Forum Austriaco di Cultura di Roma
Nell’ambito di / A part of Open Zona Toselli
arte nei luoghi di produzione della / art in the places of production of the:
Zona Artigianale di Viale Toselli in Siena
in collaborazione con/ In collaboration with: Gallery Meyer*Kainer, Vienna
è lieta di presentare / is pleased to present
Das ästhetische Feld
Christian Meyer, Peter Weibel, Jeff Koons
Peter Fend, Colin de Land, Jessica Stockholder
Gerwald Rockenschaub, John Miller, Raymond Pettibon
Christian P. Muller, Renee Green, Andrea Fraser
video
quando/when: opening 15.07.2024 h. 6.12 pm
dove / where: inner room©: fusi&fusi, Via Guccio di Mannaia, 15 I53100 Siena
durata/duration: dal/from 16.07 — al/to 16.09 2024
orario/time: lun/mon-ven/fri: h 10.00 am-1.00 pm / 3.30 — 7.30 pm
sab: su appuntamento / on demand
(engl: below)
Secondo appuntamento del ciclo -look ahead- dedicato ad una rilettura etimologicamente politica dell’arte degli anni ’90 presenta in esclusiva gli atti video integrali dal simposio Das ästhetische Feld, in prima in italia ed alcuni in prima assoluta.
Il contesto è incentrato su un importante testimonianza di storia dell’arte contemporanea, costituito dagli audiovisivi inediti dallo storico simposio Das ästhetische Feld, che inner room, grazie alla collaborazione con la Galleria Meyer Kainer di Vienna, propone.
Il simposio Das ästhetische Feld venne ideato da Christian Meyer e Ulf Wuggenig, mentre la sua organizzazione venne curata da Renate Kainer.
L’evento si tenne durante il semestre estivo del 1992 presso Universität für angewandte Kunst di Vienna, (A) il cui rettore dell’epoca, Oswald Oberhuber, era interessato a promuovere l’istituzionalizzazione di nuove forme innovative di discorso.
Il simposio si svolse nel contesto più ampio di “curated by”, una serie di mostre che si sarebbero poi tenute nel Heiligenkreuzer Hof nel 1993.
Il simposio servì come forum per le conferenze di undici artisti incaricati di presentare la propria posizione nel campo estetico. Le presentazioni seguirono una specifica struttura drammaturgica:
Peter Weibel, Jeff Koons, Peter Fend e Colin de Land il primo giorno;
Jessica Stockholder, Gerwald Rockenschaub, John Miller e Raymond Pettibon il secondo; Christian Philipp Müller, Renée Green e Andrea Fraser il terzo e ultimo giorno.
Questi artisti appartengono alla generazione che inizia ad operare nella seconda metà degli ‘80, qualcuno addirittura prima, e attraversano gli anni ‘90 in una posizione di protagonisti ognuno a vario livello nel sistema dell’arte internazionale relegati in posizioni iconiche ammutolite. Quindi ascoltare i loro interventi oggi diventa ancor più interessante.
Gli anni ‘90, per l’arte contemporanea, sono il periodo forse più controverso e dimenticato del novecento. Un periodo che ad oggi non è stato ancora analizzato in termini storico critici nel suo insieme sia a livello internazionale che locale. La storiografia lascia solo emergere alcune figure individuali di artisti che risultano impotenti di fronte al blocco storico critico che le precede.
Se da un lato questo tempo ha visto la fine del gruppo/sistema e gettare le basi per la dimensione personalista dell’artista su cui dai 2000 si appoggerà in ambito internazionale la cosi detta “finanza dell’arte” con la sua logica di iconicità nominale finalizzata all’investimento. Dall’altro, in termini di contenuto, il decennio dei ‘90 è caratterizzato da un cinismo/opportunismo travestito da disillusione sia nell’arte che nella società, innescato dalla fine della pur confortevole logica dei blocchi consecutiva al secondo conflitto mondiale.
Tuttavia, oggi a posteriori, si percepisce proprio nelle parole di quel simposio emergere in modo imbarazzante la deficienza ed il limite della posizione di cinismo allora assunta o rilevata, mentre nel contempo vi si palesa, certamente da parte di quegli artisti, l’esigenza di una pienezza di scopo, che vada oltre la disperazione ma anche oltre gli schemi resi convenzionali e di una conoscenza meramente strumentale. Un’esigenza forse ancora attuale in alcuni artisti oggi…
Storicamente molte sono state le occasioni di analisi, confronti ed approfondimenti interni ed esterni all’arte nei ‘90 ed i simposia sono dei momenti ricorrenti in tutto il decennio.
Questo di cui si espongono gli atti è cronologicamente il primo, forse a parità con quelli tenuti durante la coeva Documenta IX, e vi si percepisce sia la crisi sopra descritta sia il delinearsi di un nuovi assi estetico-attitudinali che si affermeranno a livello di main stream ed altre categorie nei decenni successivi compreso quello presente.
Una mostra che è occasione di studio e di approfondimento unica ed inedita, su un documento d’epoca che parla di attitudini artistiche lontane quanto vicine e che forse si può riassumere sia nelle parole analitiche di Ulf Wuggenig, organizzatore insieme a Christian Meyer:
I vincoli che la realtà oggettiva del campo di produzione esercita sui singoli produttori, così come le opportunità di ottenere una certa distanza e libertà da questi vincoli attraverso la conoscenza di essi, sono stati il metatema del simposio intitolato “Il campo estetico”.
Che in quelle profetiche di Andrea Fraser, una delle protagoniste del simposio, a commento dell’intervento di Colin de Land,:
………Improvvisamente, dall’apparente caos, è emerso un confronto profondamente preciso e toccante tra cinismo e perdita, e un promemoria di ciò che si perde con il cinismo.
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The second appointment of the cycle – look ahead – dedicated to an etymologically political rereading of the art of the 90s presents exclusively the complete video proceedings from the Das ästhetische Feld symposium, the first in Italy and some in the world.
The context focuses on an important testimony of contemporary art history, made up of the unpublished audiovisual material from the Das ästhetische Feld symposium that inner room, thanks to the collaboration with the Meyer Kainer Gallery in Vienna, offers.
The symposium Das ästhetische Feld was conceived by Christian Meyer and Ulf Wuggenig, while its organization was handled by Renate Kainer.
The event was held during the summer semester of 1992 at the Universität für angewandte Kunst in Vienna, (A) whose rector at the time, Oswald Oberhuber, was interested in promoting the institutionalization of innovative new forms of discourse.
The symposium took place in the broader context of “curated by”, a series of exhibitions which would later be held in the Heiligenkreuzer Hof in 1993.
The symposium served as a forum for lectures by eleven artists tasked with presenting their position in the aesthetic field. The presentations followed a specific dramatic structure:
Peter Weibel, Jeff Koons, Peter Fend and Colin de Land on the first day;
Jessica Stockholder, Gerwald Rockenschaub, John Miller and Raymond Pettibon the second; Christian Philipp Müller, Renée Green and Andrea Fraser on the third and final day.
These artists belong to the generation that began to operate in the second half of the 1980s, some even earlier, and went through the 1990s in a position of protagonists, each at various levels in the international art system relegated to silent iconic positions. So listening to their speeches today becomes even more interesting.
The 90s, for contemporary art, are perhaps the most controversial and forgotten period of the twentieth century. A period that to date has not yet been analyzed in critical historical terms as a whole, both at an international and local level. Historiography only allows some individual figures of artists to emerge who are powerless in the face of the critical historical block that precedes them.
If on the one hand this time saw the end of the group/system and laid the foundations for the personalist dimension of the artist on which from 2000 the so-called “art finance” with its logic of nominal iconicity will be based internationally aimed at investment. On the other hand, in terms of content, the decade of the 1990s is characterized by a cynicism/opportunism disguised as disillusionment both in art and in society, triggered by the end of the albeit comfortable logic of blockades following the Second World War.
However, today in retrospect, it is precisely in the words of that symposium that we perceive the deficiency and limit of the position of cynicism assumed or revealed at the time emerging in an embarrassing way, while at the same time there is revealed, certainly on the part of those artists, the need to a fullness of purpose, which goes beyond desperation but also beyond conventionalized patterns and merely instrumental knowledge. A need that is perhaps still current in many artist …
Historically, there were many opportunities for analysis, comparisons and insights inside and outside of art in the 1990s and the symposia were recurring moments throughout the decade.
The proceedings of which are exposed are chronologically the first, perhaps on par with those held during the contemporary Documenta IX, and we perceive both the crisis described above and the emergence of new aesthetic-attitudinal axes that will assert themselves at the main level stream and other categories in subsequent decades including the present one.
An exhibition that is a unique and unprecedented opportunity for study and in-depth analysis, on a period document that speaks of artistic attitudes that are both distant and close and which can perhaps be summed up in the analytical words of Ulf Wuggenig, organizer together with Christian Meyer:
The constraints that the objective reality of the production field exerts on individual producers, as well as the opportunities to gain some distance and freedom from these constraints through knowledge of them, were the metatheme of the symposium entitled “The Aesthetic Field”.
Which in the prophetic ones of Andrea Fraser, one of the protagonists of the symposium, commenting on Colin de Land’s speech:
………Suddenly, out of the apparent chaos, emerged a deeply precise and poignant comparison between cynicism and loss, and a reminder of what is lost with cynicism.